Scrivi ancora, Pablo !
Sì, un vano
imperativo perché Neruda, il grande Pablo, dedichi ancora versi splendidi a noi
donne. Basta leggere e riflettere come siano parole semplici, anche
accattivanti, ma che ti arrivano diritte nell’anima, perché la felicità di uno
sguardo, di un sorriso, di un lieve tocco delle mani fa sì che ogni cosa si colori di gioia, di
passione, di complicità. Leggiamo e…….
Questa volta
lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
Camminando,
dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio
fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice
Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine
Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l' acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d' argento che ti nasce.
Amor mio, nell' ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d' improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perchè il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d' autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l' acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d' argento che ti nasce.
Amor mio, nell' ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d' improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perchè il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d' autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Sete di te
m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.
Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.
Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.
Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.
Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco
P.I.L. o F.I.L.
F.I.L. un acronimo interessante e curioso che in
italiano suona come “Felicità interna lorda” e che in lingua inglese è identificato con GNH Gross national happiness. Sembra negli anni ‘70 il re del Bhutan Jigma
Singye Wangchuck abbia coniato tale definizione ed abbia voluto sperimentare una economia coerente con la cultura tradizionale del suo paese
basata soprattutto sui valori spirituali del buddismo per i quali la ricchezza
viene vista con diffidenza Infatti nel
Bhutan la cosiddetta “terra del Drago” la ricchezza viene vista con diffidenza. Questo
regno himalayano , situato tra India e Tibet, grande quanto la Svizzera, con una
delle densità più basse del mondo, dal 2004 ha introdotto ad esempio il divieto del fumo, come quello del masticare, vendere o regalare
tabacco.
Un paese
piuttosto strano il Bhutan, impregnato
della filosofia buddista, e quindi molto lontano dalla mentalità occidentale,
dove secondo i parametri basati sul PIL ,
si tratterebbe di una delle nazioni più povere della terra, dove però nessuno
muore di fame, non esistono mendicanti, né disoccupati, né criminalità, dove il 90 % della popolazione ha accesso gratis
alla sanità, il 78 % all’acqua potabile,
l’88 % al sistema fognario e dove l’aspettativa di vita negli ultimi 14 anni è
passata da 47 a 66 anni.
Ecco come il primo ministro del Bhutan Jigmi Y. Thinley, spiega
il F.I.L. : “Abbiamo cominciato a riflettere sulla validità del Pil come
misuratore del benessere già negli anni ‘60. Lo stesso creatore di questo
indicatore, il premio Nobel Simon Kuznets, che lo mise a punto all’indomani
della crisi del ‘29, nel 1934, disse che non sarebbe stato adatto a misurare il
benessere complessivo della popolazione, e invece fu utilizzato in questo
senso, contro le indicazioni del suo stesso creatore. Il nostro re invece si
chiese come si poteva misurare in modo completo il benessere della società, e
il suo grado di progresso. Il Pil promuove la crescita economica illimitata, un
modello insostenibile dal momento che il nostro pianeta ha delle risorse
illimitate’.
Anche Jeffery
Sachs, economista dello sviluppo presso la Columbia University di New York che,
insieme a John Helliwell e Richard Layard, ha curato il “Rapporto mondiale
sulla felicità”, ha reso noto che la
felicità potrebbe essere raggiunta indipendentemente dal benessere economico
misurato dal prodotto interno lordo. "Il Pil, da solo, non promuove la
felicità. Negli Stati Uniti, per esempio, dal 1960 a oggi è triplicato, ma
l'ago della felicità non si è mosso. Altri Paesi, invece, hanno raggiunto
traguardi di felicità maggiori, pur a fronte di livelli molto più bassi di
reddito pro capite”. A Busan, nel 2009, alla
Conferenza sulle misure del Progresso promossa dall’Ocse, Tshoki Zangmo, ricercatore e
responsabile media del Centre for Bhutan studies ha presentato una interessante
relazione in cui si afferma che il Gnh è un indice basato su una complessa
elaborazione matematica che tiene conto di diversi elementi che contribuiscono
al benessere: situazione psicologica, ambiente, salute, istruzione, cultura,
standard di vita, uso del tempo, vitalità della comunità e buon governo. L’indagine
per costruire l’indice riflette certamente la cultura buddista, con domande ai
cittadini del tipo “Quante ore dedichi ogni giorno alla meditazione?”. È quindi
un sistema difficilmente esportabile e che produce risultati non confrontabili
con altri Paesi. Ma è un contributo importante, che è stato posto al centro
dell’azione di governo. Infatti le decisioni politiche devono sempre rispondere
alla domanda “che effetto avranno sulla Gnh del Paese?” .
E’ proprio con questo spirito
che il Bhutan si propone come esempio
per il mondo, associando la propria immagine all’importanza della felicità,
strada intrapresa già da decenni. Tra le tappe fondamentali per quella che è
diventata una vera e propria strategia di Place Branding per il Bhutan, il
passaggio dalla monarchia alla democrazia voluto dallo stesso re, festeggiato
senza bisogno di scontri e proteste, a cui è seguita nel 2009 l’iniziativa “ Bhutan kingdom of happiness" per
promuovere, anche attraverso un documentario, l’idea che adottare la politica
della felicità è una scelta possibile per le democrazie del XXI° secolo.
Ora il Bhutan si prepara a presentare una
conferenza sul tema della felicità presso le Nazioni Unite a New York: il
piccolo stato Himalayano è pronto a guidare il mondo alla scoperta di una nuova
visione del mondo, basata sul benessere della popolazione e su modelli di
sviluppo, economico e non, davvero sostenibile.
Un progetto ambizioso,
accompagnato dall’invito ai leader mondiali a discutere di questi temi proprio
nel Bhutan nel 2014. L’ idea di felicità
? “Non uno stato momentaneo provocato da fattori esterni ma qualcosa di più
profondo e duraturo dato dalla possibilità di vivere in armonia con il mondo
naturale, con gli altri e con la nostra eredità culturale”.
Anche il Parlamento europeo nel 2011
si era espresso positivamente sul rapporto “Beyond Gdp” (Oltre il Pil) e sul nuovo "Regulation on environmental economic accounts"; già nel 2009 aveva
pubblicato una
comunicazione della Commissione intitolata appunto “Non solo PIL : misurare il
progresso in un mondo in cambiamento” , che definiva la roadmap con le 5 azioni
da realizzare a breve e medio termine con l’obiettivo l’obiettivo di migliorare
gli indicatori di progresso.
Curiosità
Dal 27 maggio
al 5 giugno a Pesaro e Urbino si è svolto il "Festival della felicità". Nel 2013
l'Istat presentera' la prima classifica ''City 4Bes'' (gioco di parole con la
rivista Usa Forbes). Una top ten con le citta' che stanno sperimentando il
Benessere equo e sostenibile, il nuovo 'Pil' lanciato dal Festival della
Felicita' di Pesaro, progetto al quale hanno aderito anche Roma, Milano,
Bologna, Cagliari e Bari. Lo ha annunciato il presidente dell'Istat Enrico
Giovannini, durante un incontro sul progetto 'Urbes-Bes', nell'ambito del
Festival.
E' ''una sfida che aiuta la democrazia, perche' si pone in relazione
con l'accountability, ovvero la capacita' di rendere conto alla cittadinanza di
quello che si fa''. Fra i sostenitori piu' convinti del Bes c'e' il sindaco di
Pesaro , che ha gia' una serie di iniziative nel paniere: come la bicipolitana
o le multe 'morali' elevate dai bambini delle scuole per far crescere il senso
civico dei cittadini. L'assessore alla Protezione civile di Venezia invita a
costruire serie storiche, periodi congrui per la valutazione delle tendenze del
Bes. Mentre il sindaco di Bolzano pensa che gli indicatori della qualita' della
vita siano anche uno strumento di misura dei sistemi di governo. Le parole
guida? Partecipazione, integrazione, condivisione''
Dopo il
festival della felicità, arriva il "Festival della sfiga"; è una legge di natura
che la felicità di un individuo si basa sulla sfiga di un altro individuo ed è
proprio da questo “lato b” dell’umanità che vengono i personaggi che
popoleranno l’ultima fatica del San
Costanzo Show. La sfiga e la crisi vanno a braccetto di questi
tempi e anche dai comici del San
Costanzo Show che proprio a questo tema hanno dedicato uno spettacolo.
All'Elba, dal 25 agosto al 2 settembre, hanno avuto luogo otto
appuntamenti nella piazza del Castagneto di Poggio, che hanno accompagnato i
visitatori verso la riscoperta dei principi morali fondativi dell'attuale società. Il festival è stato dedicato all'etica e alla felicità
intesi come bene comune, e si è proposto di individuare e pensare a come
applicare modelli di gestione alternativi all'esclusività dell'interesse
economico, nuove modalità d'interpretazione del lavoro e dei rapporti
sociali. Gli organizzatori hanno spiegato he "La felicità
interna lorda o FIL è il tentativo di definire - con un evidente
ammiccamento ironico, ma con altrettanto evidenti intenti sociologici -
uno standard di vita alternativo a quello del prodotto interno lordo
(PIL)" e questa prima edizione è il punto di partenza di un percorso che
avrà al centro delle iniziative il mondo dei giovani, ai quali il
prossimo anno sarà dedicata un'intera sezione del festival.
Essere felici può significare “giubilare”?
Il
verbo giubilare ha un suo significato di gioire, esultare per
la gioia.
Qualche sinonimo? Bearsi, rallegrarsi, traboccare di
gioia, gongolare.
Relativamente
all'origine dell'ultima accezione "gongolare" c'è l'interessante
approfondimento di Giorgio De Rienzo e Vittoria Haziel che, nella rubrica edita
sul quotidiano “Repubblica”, riportano diverse linee interpretative: quella di
Devoto il quale sostiene che la locuzione francese, documentata già dal XV°
sec., debba essere riferita all'antico gogue (réjouissance, liesse nel senso di giubilo,
gioia, allegria), e quella del Diez il quale pensa che derivi dall'antico verbo
francese gogoier, di origine onomatopeica corrispondente al nostro gongolare. A
sostegno di tale tesi viene ricordata l'espressione "Tenere in
gongolo", usata dal Poliziano, simile al lemma greco, che indicava, oltre
a brontolare, anche il tubare delle colombe, e al sanscrito gang yati (
emettere grida di gioia, gongolare).
Inoltre
Gilles Ménage alla voce gongolare, commoversi per una certa interna
allegrezza, fa il seguente percorso iniziando dal latino: jocus, jogus,
gogus, gogo (quindi il francese gogò) gogolus, gongolare, e da gogus, goga il
francese gogue.
Ma
la presenza in molti dialetti italiani col significato proprio di gongolare,
giubilare come il piacentino "andà in gogla e magogla" o il milanese
"andà in (o stà in, o fa) goga e magoga" o centro settentrionale
"far goghetta"= gozzovigliare, che il glottologo ottocentesco Angelico
Prati mette in relazione con la locuzione francese "être en
goguette"=essere brillo, induce a propendere per altra origine, riconducendo
per derivazione semantica al Gog e Magog biblico. Del resto la Bibbia è il
libro che ha fornito una infinità di locuzioni idiomatiche anche se molto spesso le
parole latine della liturgia erano dai più incomprese e subito corrotte. Dalla
primaria citazione biblica si susseguirono nel tempo diverse leggende. La
cultura popolare ha trasformato Gog e
Magog in qualcosa di esorbitante o fuori
dalla norma, giustificando varie locuzioni dialettali.
Ma chi sono Gog e Magog? Da dove vengono? Sono
personaggi reali?
La prima citazione del termine Magog appare nella Bibbia ebraica, in particolare
nella Genesi, dove Magog è identificato come figlio di Jafet, capostipite di un
popolo o di una nazione. Molti studiosi della Bibbia credono che Gige, re della
Lidia tra il 716 a.C. e il 678 a.C., corrisponda alla figura di Gog, re di
Magog, in quanto nell’alfabeto assiro Gige appare come Gu-Gu.La prima citazione di "Magog", nella
Bibbia ebraica, è nella tavola delle Nazioni in Genesi dove Magog è il
capostipite di un popolo o di una nazione, ma può anche essere il nome della
nazione, ovvero la terra di Gog. "Gog" viene citato invece nel primo
libro delle Cronache come discendente di Ruben (primo figlio di Giacobbe). Nel Milione
di Marco Polo Gog e Magog sono regioni del Tenduk. La prima è abitata da una
tribù chiamata "Gog", mentre la seconda è abitata dai Tartari.Secondo
la tradizione islamica, Gog e Magog sono figli di Adamo, quindi esseri umani,
dotati di una forza incredibile, destinati ad essere liberati per portare la
corruzione nel mondo e l’Inferno sulla terra. Dalla tradizione in poi molte
modifiche e aggiunte sono state apportate ai mitici Gog e Magog, da uomini sono
stati trasformati in esseri soprannaturali: giganti in età classica, che
Alessandro Magno avrebbe sconfitto e assoggettato, o demoni, in età medievale,
appellativo destinato a qualunque figura misteriosa e ambigua alla quale non si
era in grado di dare spiegazione. Venivano anche identificati con veri e propri
territori: nella cartografia tardo antica e medievale coincidevano con i
confini del mondo noto e più propriamente con le porte d’Oriente, o del
Paradiso Terrestre secondo la tradizione cristiana (mappe di Ebstorf e
Hereford).
“Donna felicità” cantavamo negli anni ’70
con i Nuovi Angeli
Nel
testo di quella canzone, che fu lanciata al Festivalbar del 1971, si diceva che
la felicità, identificata proprio con una donna, non avesse l’amore, ma che lo
volesse trovare, aiutata da ragazzi gentili e solidali a tal punto da volerla
accompagnarla a cercare “funghi e viole” ed a divertirla con giochi attorno ad
un falò . Quale immagine più appropriata poteva essere evocata in un testo se
non quello di una serata passata in lieta compagnia? Ma in quel ritornello,
ricco di nonsense e di sottese metàfore, la Commissione d’ascolto della Rai
vide un pericoloso gioco di parole soprattutto per quel “a chi darà la rosa” e
“gioco delle noci intorno al fuoco”. Così quella canzone non fu ammessa al San
Remo del 1972; ma il martellante ritmare della musica ebbe facile presa sul
pubblico distratto e spensierato dei juke-box e delle autoradio. E ciò decretò
un grande successo commerciale che la portò alla partecipazione del “Disco
Estate” del 1973, dopo il parere questa volta favorevole espresso dalla
Commissione.
Il testo incriminato
Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
lo vuol trovare,
glielo troveremo noi,
chi vuole coltivare la sua rosa?!?
Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
si sente sola,
l'accompagneremo noi
ragazzi
a cercare funghi e viole.
Qui ragazzi tutti qui
vediamo chi la sposa... sposa...
Scommettiamo che lo so
a chi darà la rosa... rosa!!!
non ha l'amore!
Donna Felicità
lo vuol trovare,
glielo troveremo noi,
chi vuole coltivare la sua rosa?!?
Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
si sente sola,
l'accompagneremo noi
ragazzi
a cercare funghi e viole.
Qui ragazzi tutti qui
vediamo chi la sposa... sposa...
Scommettiamo che lo so
a chi darà la rosa... rosa!!!
Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
non trova viole,
gliele porteremo noi
nei cesti nei capelli e nelle mani.
non ha l'amore!
Donna Felicità
non trova viole,
gliele porteremo noi
nei cesti nei capelli e nelle mani.
Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
non può soffrire,
la divertiremo noi
col gioco delle noci intorno al fuoco.
Qui ragazzi tutti qui
vediamo chi la sposa... sposa...
Scommettiamo che lo so
a chi darà la rosa... rosa!!!
La la la la la la..
non ha l'amore!
Donna Felicità
non può soffrire,
la divertiremo noi
col gioco delle noci intorno al fuoco.
Qui ragazzi tutti qui
vediamo chi la sposa... sposa...
Scommettiamo che lo so
a chi darà la rosa... rosa!!!
La la la la la la..
L’autore?
Roberto Vecchioni, il professore di liceo, il cantatutore impegnato il quale
scriveva anche
“Speranza”
Anche se nella vita voltandomi un mattino io non ti
troverò
accanto a me basta soltanto la tua felicità
lo conosco il tuo dolore credevi che oltre il monte ci fosse
un giardino e invece hai trovato soltanto il fango di una città.
accanto a me basta soltanto la tua felicità
lo conosco il tuo dolore credevi che oltre il monte ci fosse
un giardino e invece hai trovato soltanto il fango di una città.
Io non posso giurarti che questo amore ti salverà
e non posso aspettarmi che la ferita si chiuderà
ma mi basta darti speranza, ma mi basta darti speranza
e non posso aspettarmi che la ferita si chiuderà
ma mi basta darti speranza, ma mi basta darti speranza
“Fratelli”
Partire
insieme ed esser tanti
la
luce è quella là davanti
per
settimane e settimane
dividi
il vino, spezza il pane
e
dove andiamo cosa importa
più
siamo e piùla strada è corta
per
settimane e settimane
amarci
e bere alle
fontane.
Amore,
il mondo è solo amore
siamo
diversi di colore
ma
cosa importa se non è diverso il cuore
Ma
già nel 1968 aveva scritto un altro “tormentone”, “Singapore”, che entrò nella
hit parade e che vendette 300.000 copie. Fu addirittura pubblicata in diversi
paesi del mondo, compresa l’Inghilterra, in Germania vendette quasi 1.000.000
di copie, nell’interpretazione di un gruppo tedesco: i Pegasus. La critica non
era stata tenera nemmeno allora: infatti nel dopo’68 chi faceva canzoni allegre
e spensierate veniva spesso additato come qualunquista, senza impegno sociale.
Tuttavia il pubblico se ne infischiò della critica e “Singapore” divenne
un’altra hit dell’estate. Certamente anche qui il testo, ricco di rime molto
orecchiabili e di assonanze, rivela la presenza del dotto insegnante di lettere
e del navigato paroliere di successo; del resto la metàfora ed il simbolo, se
usati bene, lasciano spazio sia all’autore che all’ascoltatore, favorendo la
partecipazione attiva di chi ascolta e di chi scrive.
SINGAPORE
Singapore
vado
a Singapore
benedette
e care signore!
Singapore
vado a Singapore
che
mania di fare l'amore !
che
qui finisce
che
non riesco più nemmeno a dormire!
Fiume
giallo giù nel Fiume giallo
via
di qui lasciatemi stare!
Singapore
vado
a Singapore
benedette
e care signore!
Da
comani chiudo e m'imbarco con il primo vapore !
Eh
"beri beri" fa da scacciapensieri
ne
ho passati di mari,
ne
ho raccolti di fiori!
Chi
mi dice che son buone le pere
dopo
un anno di pere dirrà
Singapore,
Singapore
vi
saluto belle signore!
Singapore
vado
a Singapore
vi
lascio al vostro dolore!
Potrà
sembrare dunque difficile mettere a confronto testi così “leggeri” e quasi
infantili con quelli di “Un uomo navigato” o “Velasquez” o “Effetto notte” in
cui appaiono evidenti matrici letterarie colte e classiche, quasi da lirici
greci?
Un uomo navigato
E dopo vent'anni di pesce sotto sale
il mare mi sembra più o meno tutto uguale
la pipa di un vecchio mi mette più allegria
di tutte le rotte che ho preso in vita mia."
"…..divento soltanto un uomo navigato
il viaggio è passato è un modo di guardare."
il mare mi sembra più o meno tutto uguale
la pipa di un vecchio mi mette più allegria
di tutte le rotte che ho preso in vita mia."
"…..divento soltanto un uomo navigato
il viaggio è passato è un modo di guardare."
Velasquez
"Ahi, Velasquez, dove porti la mia
vita? Un fiore di campo si è impigliato fra le dita,
e tante stelle, tante nelle notti chiare e mille lune, mille dune da scoprire."
"…..in mezzo ai venti sempre genti da salvare sei morto mille volte senza mai morire….."
"…. Ahi, Velasquez, certe sere quanta voglia, fermare la vela e ritornare da mia moglie…."
"…Ahi, Velasquez, fino a quando inventeremo un nido di rose ai piedi dell'arcobaleno
e tante stelle, tante nelle notti chiare per questo mondo, questo mondo da cambiare?…."
e tante stelle, tante nelle notti chiare e mille lune, mille dune da scoprire."
"…..in mezzo ai venti sempre genti da salvare sei morto mille volte senza mai morire….."
"…. Ahi, Velasquez, certe sere quanta voglia, fermare la vela e ritornare da mia moglie…."
"…Ahi, Velasquez, fino a quando inventeremo un nido di rose ai piedi dell'arcobaleno
e tante stelle, tante nelle notti chiare per questo mondo, questo mondo da cambiare?…."
Effetto notte
Se tu mi amassi mi cercheresti ogni sbato sera
quando hai già mille e più cose da fare e in teoria potrei schiattare
se tu mi amassi mi cercheresti ogni giorno delll'anno
e non soltanto una sera d'ottobre quando il tuo uomo ha il raffreddore
se tu mi amassi gli inventeresti una scusa banale
gli scriveresti sul viso il mio nome per ricordarti di ricordare
Del
resto quelle “matrici” erano usuali per Vecchioni che, “nato” proprio come
docente di latino e greco nei Licei, utilizza il bagaglio che gli è più
congeniale e conosciuto. Se infatti leggiamo “Cuore mio”di Archiloco, “A
primavera” di Ibico o “Come foglie” di Mimnermo non ritroviamo forse nei loro
versi quelle atmosfere e quei richiami poetici che il Vecchioni poeta e
cantautore ci fa gustare nelle sue ballate e nelle sue canzoni più impegnate?
Cuore mio
Cuore, cuore mio,
travolto da ingorghi di sciagura,
sorgi e vinci i tuoi nemici,
ponendo ad essi il petto.
Forte, tieni il campo
negli scontri fronte a fronte.
Vincente,
non gioire innanzi a tutti.
Se vinto,
non giacere in dirotto pianto.
Gioisci d'ogni gioia,
cedi sì ai mali, ma non troppo:
riconosci quale ritmo
regge gl'uomini.
A primavera
A primavera,
quando l'acqua fluviale
irrora i campi
e il sacro giardino delle vergini,
è tutto un fiorir di meli cidonii
e tralci di viti tra le foglie.
In me Eros non conosce tregua.
Come vento del nord rapido muove,
carico di folgori: torbido, impavido,
invaso da Cipride di arida follia.
Custode, nel fondo della mente,
delle puerili voglie.
A primavera,
quando l'acqua fluviale
irrora i campi
e il sacro giardino delle vergini,
è tutto un fiorir di meli cidonii
e tralci di viti tra le foglie.
In me Eros non conosce tregua.
Come vento del nord rapido muove,
carico di folgori: torbido, impavido,
invaso da Cipride di arida follia.
Custode, nel fondo della mente,
delle puerili voglie.
Come foglie
Siamo come foglie, foglie di primavera,
spuntate veloci nei raggi del sole.
Per brevi istanti godiamo fiori di giovinezza,
non sapendo dalla vita di bene e male.
Accanto stanno strette le tenebrose dee:
l'una ha sorte di vecchiaia cupa,
l'altra di morte.
Fugace il giovanile frutto,
quanto luce di sole terra irradia.
Ma quando volge la stagione alla sua fine,
allora l'essere vivi è peggio che morire.
Siamo come foglie, foglie di primavera,
spuntate veloci nei raggi del sole.
Per brevi istanti godiamo fiori di giovinezza,
non sapendo dalla vita di bene e male.
Accanto stanno strette le tenebrose dee:
l'una ha sorte di vecchiaia cupa,
l'altra di morte.
Fugace il giovanile frutto,
quanto luce di sole terra irradia.
Ma quando volge la stagione alla sua fine,
allora l'essere vivi è peggio che morire.
E’ qui la
felicità? Un utile vademecum per vivere meglio
Daniel Gilbert, psicologo sociale ad Harvard. sostiene
che siamo portati a rimpiangere le
occasioni mancate molto di più delle azioni intraprese. Questo accade perché
accettiamo più facilmente una mossa temeraria anziché un atteggiamento rinunciatario,
e ci consoliamo ripensando all’insegnamento tratto dall’esperienza vissuta. Sono
ad esempio la perdita del lavoro o la fine di un matrimonio a far scattare le
difese psicologiche - che favoriscono le
sensazioni felici - molto di più
rispetto ai fastidi da poco conto. La conseguenza paradossale è che talvolta è
più facile consolarsi per aver superato una situazione davvero drammatica che
non una banale brutta esperienza. Il motto di Gilbert? ? Siate ambiziosi !
Barbara Fredrickson, professoressa di psicologia all’università della Carolina del Nord afferma che un atteggiamento positivo rende più belli e più sani, perché minimizza il dolore, garantendo una migliore qualità del sonno. Aumentare il numero di emozioni positive nell’arco della giornata, scoprire il lato positivo. Il motto? Siate positivi!
Paul Gilbert, professore di psicologia clinica
all’università di Derby, in Gran Bretagna, teorizza che dal modo in cui ci si pone di fronte a
noi stessi dipende il nostro benessere,
il senso di appagamento e la capacità di far fronte alle difficoltà. Se ci si
sente in colpa per qualche cosa, fermiamoci un attimo, respiriamo
profondamente, rallentiamo i ritmi
e pensiamo alle nostre qualità migliori,
come la generosità, l’affetto, la dolcezza. Il suo motto? Fatevii del bene!
Julie Norem, professoressa di psicologia al Wellesley
College, nel Massachusetts rileva che i pessimisti stanno sulla difensiva e si
aspettano sempre il peggio, sprecando preziose energie mentali nel figurarsi
come potrebbero andar storte le cose. Ma nel far questo, hanno maggiori
probabilità di raggiungere i loro obiettivi perché studiano con attenzione i dettagli della situazione negativa. Il suo motto? Sfruttate
i malumori !
Jonathan Haidt, professore di psicologia all’università
della Virginia consiglia di lavorare di meno, di guadagnare ed accumulare di
meno, per dedicare più tempo alla famiglia, alle vacanze o altre attività
gradevoli che sappiano coinvolgere pienamente l’ attenzione, come cantare in coro, dipingere, praticare sport.
Il motto? Trovate la vocazione !
Sonja Lyubomirsky, psicologa all’università della California
ha scoperto che il tasso di felicità lo possiamo influenzare attraverso il nostro
modo di agire e di pensare ed ha identificato
alcune attività che rendono felici, tutte cose che le persone appagate possono fare
spontaneamente : esprimere la riconoscenza; coltivare l’ottimismo; essere
cortesi; trovare tempo per gli amici; sviluppare strategie per affrontare le
difficoltà; imparare a perdonare; appassionarsi a qualche attività, essere pronti a esplorare nuovi orizzonti; gustarei
le gioie della vita; puntare sempre verso obiettivi importanti; coltivare il
senso religioso e la spiritualità. Il motto? Coltivate l’ottimismo
Daniel
Goleman, psicologo e scrittore del Massachusetts dice che la meditazione aiuta a gestire più efficacemente le reazioni
allo stress ed a riprendersi più in fretta da eventi traumatizzanti. Alcune persone con incarichi di lavoro molto
stressanti hanno seguito un corso di meditazione per otto settimane,, al
termine dell’esperimento hanno riferito di sentirsi più felici . Prima erano
troppo stressate per rendersene conto. Il suo motto? Rilassatevi e pensate.
Quando sono i bambini a raccontare la
felicità
“Navigando”
in rete si fanno degli incontri molto interessanti, come quello con alcune
maestre della scuola dell’infanzia di Rignano sull’Arno. Esse hanno proposto ai
propri bambini e bambine di 5 anni di mettere per scritto, sotto forma di
piccolo racconto, quello che secondo loro fosse la felicità. Ne sono scaturiti
dei quadretti di “vita” nei quali la ricerca di quel sentimento è alla portata
di tutti: basta guardarsi intorno e ….. raccontare se stessi.
“C’era una volta dei bambini che volevano acchiappare delle farfalle tutte colorate, perché le volevano regalare alla mamma per il suo compleanno. Una volta prese le farfalle che erano magiche fecero crescere tutti i fiori nel giardino della casa dei bambini. Poi i bambini liberarono le farfalle per non farle morire e la mamma quando tornò a casa dal lavoro era felicissima di avere tutto il suo giardino pieno di fiori colorati
C’era
una volta una bambina che decise di fare una sorpresa alla mamma e al suo babbo
che lavoravano tutto il giorno e che la sera erano stanchi morti. Infatti lei,
mentre il babbo e la mamma erano al lavoro, apparecchiò fuori in giardino e
preparò un pic-nic e quando arrivarono il babbo e la mamma mangiarono fuori
felici e contenti.
C’era
una volta una mamma una bambina e un babbo che andavano a fare una passeggiata.
Loro trovarono un uccellino che però era triste perché non aveva fratelli e sorelle
e gli toccava volare da solo. Allora la bambina fece volare tanti palloncini
colorati che aveva nelle tasche e così l’uccellino non volava più da solo ed
era felice
C’era
una volta una sorella e un fratello che avevano comprato un camper per viaggiare
per il mondo. Dopo tanti chilometri si fermarono in un giardino molto bello a
giocare con la palla. A un certo punto guardarono in cielo e videro il sole che
li chiamava. Lui chiese ai fratelli di potere andare in vacanza con loro e così
loro accettarono perché se si portavano il sole in vacanza voleva dire che non
pioveva mai. E tutti erano felicissimi di fare quel viaggio.
C’era
una volta un bambino e una bambina che aiutavano sempre i loro genitori nei
campi. La bambina aveva il forcone e stava dando da mangiare ai cavalli e il
bambino dava da mangiare alle galline. I galletti e i cavalli erano amici e
insieme cantavano delle canzoni e il sole che li ascoltava era così contento
che splendeva tutto il giorno. Poi la mattina presto, quando tutti dormivano,
il sole cantava le canzoni e svegliava i cavalli e i galletti.
C’era
una volta dei bambini che volevano acchiappare delle farfalle tutte colorate, perché
le volevano regalare alla mamma per il suo compleanno. Una volta prese le
farfalle che erano magiche fecero crescere tutti i fiori nel giardino della
casa dei bambini. Poi i bambini liberarono le farfalle per non farle morire e
la mamma quando tornò a casa dal lavoro era felicissima di avere tutto il suo
giardino pieno di fiori colorati.
Una storia da
raccontare ...... trovata in “rete”
La Follìa
decise di invitare i suoi amici a prendere un caffè da lei.
Dopo il caffè, propose: “Si gioca a nascondino?”.
“Nascondino? Che cos’è?” domandò la Curiosità.
“Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete.
Quando avrò terminato di contare, cercherò e il primo che troverò sarà il prossimo a contare”.
Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia.
“1.. 2.. 3.. – la Follìa cominciò a contare.
La Fretta si nascose per prima, dove le capitò.
La Timidezza, timida come sempre, si nascose in un gruppo d’alberi.
La Gioia corse in mezzo al giardino.
La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo adatto per nascondersi.
L’ Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro un sasso.
La Follìa continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.
La Disperazione era disperata vedendo che la Follia era già a novantanove.
“CENTO!” gridò la Follia “ Ora comincerò a cercare.”
La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto. Guardando da una parte, la Follìa vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato si sarebbe meglio nascosto. E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza.
Quando tutti erano riuniti, la Curiosità domandò: “Dov’è L’Amore?”.
Nessuno l’aveva visto.
La Follìa cominciò a cercarlo. Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi sotto le rocce. Ma non lo trovò . Cercando da tutte le parti, la Follìa vide un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò cercare tra i rami, allorché ad un tratto sentì un grido. Era l’Amore, che gridava perché una spina gli aveva forato un occhio.
La Follia non sapeva che cosa fare. Si scusò, implorò l’Amore per avere il suo perdono e arrivò fino a promettergli di seguirlo per sempre. L’Amore accettò le scuse.
Oggi, l’ Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.
Dopo il caffè, propose: “Si gioca a nascondino?”.
“Nascondino? Che cos’è?” domandò la Curiosità.
“Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete.
Quando avrò terminato di contare, cercherò e il primo che troverò sarà il prossimo a contare”.
Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia.
“1.. 2.. 3.. – la Follìa cominciò a contare.
La Fretta si nascose per prima, dove le capitò.
La Timidezza, timida come sempre, si nascose in un gruppo d’alberi.
La Gioia corse in mezzo al giardino.
La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo adatto per nascondersi.
L’ Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro un sasso.
La Follìa continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.
La Disperazione era disperata vedendo che la Follia era già a novantanove.
“CENTO!” gridò la Follia “ Ora comincerò a cercare.”
La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto. Guardando da una parte, la Follìa vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato si sarebbe meglio nascosto. E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza.
Quando tutti erano riuniti, la Curiosità domandò: “Dov’è L’Amore?”.
Nessuno l’aveva visto.
La Follìa cominciò a cercarlo. Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi sotto le rocce. Ma non lo trovò . Cercando da tutte le parti, la Follìa vide un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò cercare tra i rami, allorché ad un tratto sentì un grido. Era l’Amore, che gridava perché una spina gli aveva forato un occhio.
La Follia non sapeva che cosa fare. Si scusò, implorò l’Amore per avere il suo perdono e arrivò fino a promettergli di seguirlo per sempre. L’Amore accettò le scuse.
Oggi, l’ Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.
Anche un viaggio è “felicità”
Una
mattina ti svegli e ripensi, guardando le foto di una piacevole vacanza, che è
stata bella quella gita. Non era stato possibile prima partire insieme a Simonetta
la gemella sagittaria, impegnata con figli, gatto e lavoro. Poi si decise: Praga o Parigi?
Certamente la capitale francese attirava di più sia per il fascino che da
sempre quella bella città possiede, sia perché desideravo condividere con lei
quelle emozioni e quelle sensazioni provate anni prima, durante il mio primo
viaggio in Francia. Attraversare
paesi nuovi, cogliere dal finestrino della macchina la particolarità di quei
paesaggi molto più ampi rispetto a quelli italiani, vivere la gioia di godere
delle bellezze artistiche studiate negli anni degli studi universitari,
apprezzare con stupore la presenza di molte opere d’arte italiane al Museo del Louvre: tutto questo è stata fonte di
grande felicità. Infatti spesso la conoscenza delle cose conduce ad uno “stato
di felicità e di piacere”. Del resto lo stesso filosofo greco Epicuro, nella sua teoria filosofica, aveva enunciato tre grandi categorie di piaceri:
"Naturali
e necessari", come: l'amicizia, la libertà, il cibo, l'amore, il vestirsi,
le cure ecc.
"Naturali
ma non necessari" come: l'abbondanza, il lusso, case enormi oltre il
necessario, cibi raffinati ed in abbondanza oltre il necessario.
"Non
naturali e non necessari", come il successo, il potere, la gloria, la fama
ecc.
L'uomo
dunque dovrebbe concentrarsi sul vivere quegli aspetti della vita connessi alla
sua natura e coltivare con impegno l'amicizia, intesa oltre che come
condivisione di interessi e ideali, anche come elemento assolutamente positivo
della nostra esistenza. La filosofia epicurea invita l'uomo a godere senza
affanni di ciò che può procurarsi senza sforzo eccessivo e a vivere la vita
stringendo salde e durature relazioni interpersonali: ecco perché soddisfare i
piaceri naturali e quelli necessari è molto importante per il raggiungimento
della felicità. Con quel viaggio in terra di Francia scoprii un nuovo modo di
relazione con la gemella,
con cui fino ad allora non avevo condiviso momenti di “libera amicizia” o di
“intensa intimità culturale”.E quella scoperta produsse non solo piacere, ma
felicità: sensazione quasi fisica di personalità necessarie l’una all’altra, di
un medesimo modo di “gustare” ed apprezzare gli scorci di Parigi, di stessa
immediata percezione di quando di bello ed artistico quella vacanza ci aveva
offerto
I pittori della felicità
Renoir,
Zandomeneghi e De Nittis: eccoli i tre artisti che hanno saputo usare il colore e la luce per
rappresentare scene dalla Belle Epoque con gaiezza, brio, eleganza e gioia di
vivere. Era una Parigi allegra e piena di
verve, quella rappresentata spesso nel turbinio del Can-Can, del Moulin
Rouge, dei caffè affollati, dei boulevards illuminati, del passeggio di
carrozze e cavalieri. Perché la critica definisce questi artisti felici? Innanzitutto
perchè hanno espresso la felicità con il
colore e la luce: essi “rincorrono il mistero della luce, la sua cattura, per
trasformarla in colore e con esso riscrivere il mondo”, così si legge nelle note
di un catalogo di una mostra a loro dedicata. L’altra felicità è quella che
scaturisce dal loro amore per le donne che saranno al centro delle loro tele:
le rappresenteranno nei momenti intimi, segreti o di vita mondana, nelle stanze
delle loro dimore o nei salotti eleganti, nei locali aperti, negli ippodromi,
nei giardini. Conosciamo meglio questi artisti.
Federico Zandomeneghi nasce a Venezia nel 1841; convinto
patriota, dopo gli studi d'arte , partecipò alla vita politica italiana, arruolandosi
molto giovane con Garibaldi. Nel 1874 partì per la capitale francese. Il
soggiorno si prolungò tutta la vita ed egli entrò a far parte del gruppo degli
impressionisti. Legato da profonda amicizia al pittore Edgar Degas, raccolse
nella sua esperienza artistica l'influenza dell'amico. Dipinse i soggetti
tipici del movimento, ma la sua fama la raggiunse nel ritratto e nelle scene di
vita mondana, di cui rappresentò dame con cappellini e vestiti alla moda .
Interessanti mobili dalle forme attraenti sono
performances molto singolari scolpite con maestrìa, inventiva e creatività dall’artista
olandese Mario Filippona; egli realizza sculture che si aprono per far
fuoriuscire vassoio con bicchieri, tavolini le cui estremità raffigurano donne
piegate e gambe femminili longilinee con
tacchi a spillo, a volte incrociate, altre volte solo chinate, poggia bicchieri
utilissimi che si sostengono a terra da un paio di scarpe eleganti, cassetti
dagli incavi speciali. Il tutto è prodotto artigianalmente, le forme non sono
create a caso ma provengono da fotomodelle
che si prestano per l'occasione. L’artista
ha iniziato la sua carriera ad Amsterdam come falegname, lavorando in seguito a
New York e San Francisco, progettando cucine; ha svolto i suoi studi al
"San Francisco Institute of Architecture" e presso l' "Institute
for Architectural Arts Development" a Maassluis, Olanda, stabilendo poi in Olanda nel 1993 la sua
officina. All’inizio ha prodotto arredi da ufficio, cucine, armadi da soggiorno
personalizzati in base ad ogni esigenze, da sempre caratterizzati da
un'architettura moderna ed organica con linee pulite e forme ben definite: i progetti
vengono preparati prima su carta, poi trasferiti in modelli in cera, utilizzando
procedure di lavorazione ecologicamente sane e materiali naturali. L'esperienza
nel lavorare il legno e l'impegno nel
realizzare lavori veramente originali hanno
condotto l’artista a sperimentare nuovi progetti.
Sono principalmente di legno d’acero e con i cassetti le sue creazioni
ed è ritenuto il padre di Erotic Furniture, un “brand” che sta facendo molto parlare
di sé. Infatti ispirati alle attraenti forme femminili i complementi d’arredo
che Mario crea, in genere, sono scavati nei legni regionali che trova sul
territorio e per questo è in grado di spaziare attraverso un ventaglio di
colori e texture diverse e sempre nuove.
La gamma di prodotti dell’artista comprende lampade, portafrutta ,
cassettiere, vassoi e tavolini; rifiniti a mano e con finitura di olio e cere
naturali. Tutti con una costante: la ricerca di quella perfezione del corpo
delle donne, perfezione però artificiale, perché di legno lavorato.
Gli edifici parlano e spesso
parlano di visioni di felicità
Non
solo le città, anche la loro architettura gioca un ruolo importantissimo nella
nostra felicità. Lo dice Alain De Botton, autore di “Architettura e felicità” :
«Sarebbe auspicabile rimanere gli stessi
in un palazzo come in un motel , ma in realtà siamo estremamente vulnerabili ai
messaggi in codice che emanano da un ambiente. Come se oggetti ed edifici
fossero delle persone. E ci aiutassero a decidere chi siamo». Che cosa influenza dunque i nostri umori mentre
guardiamo o analizziamo un’opera architettonica? L’enfatizzare certe emozioni ed
il sopprimerne altre: le religioni l’hanno capito da sempre. E la Chiesa
cattolica ha talmente investito nell’architettura – pensiamo al gotico o al
barocco - da credere di poter plasmare non tanto il carattere dei credenti,
quanto la loro visione dei vari credo.
I vari critici spesso si scontrano sull’estetica di un oggetto o di un edificio: tutto ciò è sbagliato perché discuterne vuol dire suggerire uno stile e un’attitudine verso la vita. Fruire della bellezza dell’opera di un architetto che ha saputo infondere al proprio edificio quell’afflato vitale che voleva trasmettere all’osservatore, è senza dubbio momento di grande felicità, poiché si ha la possibilità di entrare in empatia con l’artista che attraverso la sua capacità di dare forma ad un proprio ideale, ha creato, con materiali che potrebbero sembrare freddi ed inanimati, un manufatto che denota vissuto, idealità, arte codificata.
Hayez
Fragonard
E quel confondersi nel congiungere le
labbra rimanga segreto, a eterno
giuramento tra due amanti, perché rimanga radice e forza di rapporto amoroso. E allora
... aspettando San Valentino
Viviamo nell’amore, Lesbia mia!
Ogni giorno finisce e
poi ritorna,
ma quando il breve
giorno della vita
avrà visto il
tramonto, dormiremo
una notte senza fine.
Ora dammi
mille baci, poi cento
e poi altri mille,
e ancora cento, mia cara,
e ancora mille.
Quando saranno cento
volte mille
confonderemo i conti,
che nessuno
possa farci il
malocchio, conoscendo
un così grande numero
di baci.
Lesbia e Catullo Mosaici pompeiani
Pagine
RispondiEliminaNoi formiamo più pagine per la nostra penna,
componiamo su pagine bianche.
custodi di molti pensieri
simo 2000
Quando la "penna" poi muove veloce
Eliminai suoi tratti speciali di creazione,
presa ormai da furor compositivo,
Donatella va avanti come un "treno"
a quel furor non sa interporre freno
così la mente e il cuore corron veloci!
Felicità raggiunta, si cammina
EliminaMontale
Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case
La nostra vita serve a raggiungere la felicità che a volte è molto fragile e si spezza con niente: nelle aspettative, negli affetti famigliari, negli obiettivi raggiunti, quando non ti senti accettato per quello che sei!!!