che giorno è ?

Felicità


Scrivi ancora, Pablo ! 
Sì, un vano imperativo perché Neruda, il grande Pablo, dedichi ancora versi splendidi a noi donne. Basta leggere e riflettere come siano parole semplici, anche accattivanti, ma che ti arrivano diritte nell’anima, perché la felicità di uno sguardo, di un sorriso, di un lieve tocco delle mani fa  sì che ogni cosa si colori di gioia, di passione, di complicità. Leggiamo e…….

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice

 
 

 

  

Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli

e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,

non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,

cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.

Sono affamato del tuo riso che scorre,

delle tue mani color di furioso granaio,

ho fame della pallida pietra delle tue unghie,

voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.

Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,

il naso sovrano dell'aitante volto,

voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia

e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,

cercandoti, cercando il tuo cuore caldo

come un puma nella solitudine

 
 
 

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l' acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d' argento che ti nasce.

Amor mio, nell' ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d' improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perchè il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d' autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.


 

 


Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.


Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.


Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco





















P.I.L. o F.I.L.


F.I.L.  un acronimo interessante e curioso che in italiano suona come “Felicità interna lorda” e che  in lingua inglese  è identificato con GNH  Gross national happiness.  Sembra negli anni ‘70 il re del Bhutan Jigma Singye Wangchuck abbia coniato tale definizione ed abbia voluto sperimentare  una economia coerente  con la cultura tradizionale del suo paese basata soprattutto sui valori spirituali del buddismo per i quali la ricchezza viene vista con diffidenza  Infatti nel Bhutan  la cosiddetta “terra del Drago”  la ricchezza viene vista con diffidenza. Questo regno himalayano , situato tra India e Tibet, grande quanto la Svizzera, con una delle densità più basse del mondo, dal 2004 ha introdotto ad esempio  il divieto del fumo,  come quello del masticare, vendere o regalare tabacco. 





Un paese piuttosto strano il Bhutan,  impregnato della filosofia buddista, e quindi molto lontano dalla mentalità occidentale, dove  secondo i parametri basati sul PIL , si tratterebbe di una delle nazioni più povere della terra, dove però nessuno muore di fame, non esistono mendicanti, né disoccupati, né criminalità, dove  il 90 % della popolazione ha accesso gratis alla sanità, il  78 % all’acqua potabile, l’88 % al sistema fognario e dove l’aspettativa di vita negli ultimi 14 anni è passata da 47 a 66 anni. 







Ecco come il  primo ministro del Bhutan Jigmi Y. Thinley, spiega il F.I.L. : “Abbiamo cominciato a riflettere sulla validità del Pil come misuratore del benessere già negli anni ‘60. Lo stesso creatore di questo indicatore, il premio Nobel Simon Kuznets, che lo mise a punto all’indomani della crisi del ‘29, nel 1934, disse che non sarebbe stato adatto a misurare il benessere complessivo della popolazione, e invece fu utilizzato in questo senso, contro le indicazioni del suo stesso creatore. Il nostro re invece si chiese come si poteva misurare in modo completo il benessere della società, e il suo grado di progresso. Il Pil promuove la crescita economica illimitata, un modello insostenibile dal momento che il nostro pianeta ha delle risorse illimitate’.





Anche Jeffery Sachs, economista dello sviluppo presso la Columbia University di New York che, insieme a John Helliwell e Richard Layard, ha curato il “Rapporto mondiale sulla felicità”, ha reso noto  che la felicità potrebbe essere raggiunta indipendentemente dal benessere economico misurato dal prodotto interno lordo. "Il Pil, da solo, non promuove la felicità. Negli Stati Uniti, per esempio, dal 1960 a oggi è triplicato, ma l'ago della felicità non si è mosso. Altri Paesi, invece, hanno raggiunto traguardi di felicità maggiori, pur a fronte di livelli molto più bassi di reddito pro capite”. A Busan, nel 2009, alla Conferenza sulle misure del Progresso promossa dall’Ocse, Tshoki Zangmo, ricercatore e responsabile media del Centre for Bhutan studies ha presentato una interessante relazione in cui si afferma che il Gnh è un indice basato su una complessa elaborazione matematica che tiene conto di diversi elementi che contribuiscono al benessere: situazione psicologica, ambiente, salute, istruzione, cultura, standard di vita, uso del tempo, vitalità della comunità e buon governo. L’indagine per costruire l’indice riflette certamente la cultura buddista, con domande ai cittadini del tipo “Quante ore dedichi ogni giorno alla meditazione?”. È quindi un sistema difficilmente esportabile e che produce risultati non confrontabili con altri Paesi. Ma è un contributo importante, che è stato posto al centro dell’azione di governo. Infatti le decisioni politiche devono sempre rispondere alla domanda “che effetto avranno sulla Gnh del Paese?” .     









E’ proprio con questo spirito che il Bhutan si  propone come esempio per il mondo, associando la propria immagine all’importanza della felicità, strada intrapresa già da decenni. Tra le tappe fondamentali per quella che è diventata una vera e propria strategia di Place Branding per il Bhutan, il passaggio dalla monarchia alla democrazia voluto dallo stesso re, festeggiato senza bisogno di scontri e proteste, a cui è seguita nel 2009 l’iniziativa “ Bhutan kingdom of happiness" per promuovere, anche attraverso un documentario, l’idea che adottare la politica della felicità è una scelta possibile per le democrazie del XXI°  secolo.
Ora  il Bhutan si prepara a presentare una conferenza sul tema della felicità presso le Nazioni Unite a New York: il piccolo stato Himalayano è pronto a guidare il mondo alla scoperta di una nuova visione del mondo, basata sul benessere della popolazione e su modelli di sviluppo, economico e non, davvero sostenibile.
Un progetto ambizioso, accompagnato dall’invito ai leader mondiali a discutere di questi temi proprio nel Bhutan nel 2014.  L’ idea di felicità ? “Non uno stato momentaneo provocato da fattori esterni ma qualcosa di più profondo e duraturo dato dalla possibilità di vivere in armonia con il mondo naturale, con gli altri e con la nostra eredità culturale”.




Anche  il Parlamento europeo nel 2011 si era espresso positivamente sul rapporto “Beyond Gdp” (Oltre il Pil) e sul nuovo "Regulation on environmental economic accounts"; già nel 2009 aveva pubblicato  una comunicazione della Commissione intitolata appunto “Non solo PIL : misurare il progresso in un mondo in cambiamento” , che definiva la roadmap con le 5 azioni da realizzare a breve e medio termine con l’obiettivo l’obiettivo di migliorare gli indicatori di progresso.





Curiosità


Dal 27 maggio al 5 giugno a Pesaro e Urbino si è svolto il "Festival della felicità". Nel 2013 l'Istat presentera' la prima classifica ''City 4Bes'' (gioco di parole con la rivista Usa Forbes). Una top ten con le citta' che stanno sperimentando il Benessere equo e sostenibile, il nuovo 'Pil' lanciato dal Festival della Felicita' di Pesaro, progetto al quale hanno aderito anche Roma, Milano, Bologna, Cagliari e Bari. Lo ha annunciato il presidente dell'Istat Enrico Giovannini, durante un incontro sul progetto 'Urbes-Bes', nell'ambito del Festival. 








E' ''una sfida che aiuta la democrazia, perche' si pone in relazione con l'accountability, ovvero la capacita' di rendere conto alla cittadinanza di quello che si fa''. Fra i sostenitori piu' convinti del Bes c'e' il sindaco di Pesaro , che ha gia' una serie di iniziative nel paniere: come la bicipolitana o le multe 'morali' elevate dai bambini delle scuole per far crescere il senso civico dei cittadini. L'assessore alla Protezione civile di Venezia invita a costruire serie storiche, periodi congrui per la valutazione delle tendenze del Bes. Mentre il sindaco di Bolzano pensa che gli indicatori della qualita' della vita siano anche uno strumento di misura dei sistemi di governo. Le parole guida? Partecipazione, integrazione, condivisione''
Dopo il festival della felicità, arriva il "Festival della sfiga"; è una legge di natura che la felicità di un individuo si basa sulla sfiga di un altro individuo ed è proprio da questo “lato b” dell’umanità che vengono i personaggi che popoleranno l’ultima fatica del San Costanzo Show. La sfiga e la crisi vanno a braccetto di questi tempi e anche dai comici del San Costanzo Show che proprio a questo tema hanno dedicato uno spettacolo.






All'Elba, dal 25 agosto al 2 settembre, hanno avuto luogo otto appuntamenti nella piazza del Castagneto di Poggio, che hanno accompagnato i visitatori verso la riscoperta dei principi morali fondativi dell'attuale società. Il festival è stato dedicato all'etica e alla felicità intesi come bene comune, e si è proposto di individuare e pensare a come applicare modelli di gestione alternativi all'esclusività dell'interesse economico, nuove modalità d'interpretazione del lavoro e dei rapporti sociali. Gli organizzatori hanno spiegato he "La felicità interna lorda o FIL è il tentativo di definire - con un evidente ammiccamento ironico, ma con altrettanto evidenti intenti sociologici - uno standard di vita alternativo a quello del prodotto interno lordo (PIL)" e questa prima edizione è il punto di partenza di un percorso che avrà al centro delle iniziative il mondo dei giovani, ai quali il prossimo anno sarà dedicata un'intera sezione del festival.







 






Essere felici può significare “giubilare”?



Il verbo  giubilare  ha un suo significato di gioire, esultare per la gioia.

Qualche sinonimo? Bearsi, rallegrarsi, traboccare di gioia, gongolare.

Relativamente all'origine dell'ultima accezione "gongolare" c'è l'interessante approfondimento di Giorgio De Rienzo e Vittoria Haziel che, nella rubrica edita sul quotidiano “Repubblica”, riportano diverse linee interpretative: quella di Devoto il quale sostiene che la locuzione francese, documentata già dal XV° sec., debba essere riferita all'antico gogue  (réjouissance, liesse nel senso di giubilo, gioia, allegria), e quella del Diez il quale pensa che derivi dall'antico verbo francese gogoier, di origine onomatopeica corrispondente al nostro gongolare. A sostegno di tale tesi viene ricordata l'espressione "Tenere in gongolo", usata dal Poliziano, simile al lemma greco, che indicava, oltre a brontolare, anche il tubare delle colombe, e al sanscrito gang yati ( emettere grida di gioia, gongolare).

Inoltre Gilles Ménage alla voce gongolare, commoversi per una certa interna allegrezza, fa il seguente percorso iniziando dal latino: jocus, jogus, gogus, gogo (quindi il francese gogò) gogolus, gongolare, e da gogus, goga il francese gogue.





 
Ma la presenza in molti dialetti italiani col significato proprio di gongolare, giubilare come il piacentino "andà in gogla e magogla" o il milanese "andà in (o stà in, o fa) goga e magoga" o centro settentrionale "far goghetta"= gozzovigliare, che il glottologo ottocentesco Angelico Prati mette in relazione con la locuzione francese "être en goguette"=essere brillo, induce a propendere per altra origine, riconducendo per derivazione semantica al Gog e Magog biblico. Del resto la Bibbia è il libro che  ha fornito una infinità di  locuzioni idiomatiche anche se molto spesso le parole latine della liturgia erano dai più incomprese e subito corrotte. Dalla primaria citazione biblica si susseguirono nel tempo diverse leggende. La cultura popolare  ha trasformato Gog e Magog  in qualcosa di esorbitante o fuori dalla norma, giustificando varie locuzioni dialettali.
Ma chi sono Gog e Magog? Da dove vengono? Sono personaggi reali?
 

La prima citazione del termine Magog appare nella Bibbia ebraica, in particolare nella Genesi, dove Magog è identificato come figlio di Jafet, capostipite di un popolo o di una nazione. Molti studiosi della Bibbia credono che Gige, re della Lidia tra il 716 a.C. e il 678 a.C., corrisponda alla figura di Gog, re di Magog, in quanto nell’alfabeto assiro Gige appare come Gu-Gu.La prima citazione di "Magog", nella Bibbia ebraica, è nella tavola delle Nazioni in Genesi dove Magog è il capostipite di un popolo o di una nazione, ma può anche essere il nome della nazione, ovvero la terra di Gog. "Gog" viene citato invece nel primo libro delle Cronache come discendente di Ruben (primo figlio di Giacobbe). Nel Milione di Marco Polo Gog e Magog sono regioni del Tenduk. La prima è abitata da una tribù chiamata "Gog", mentre la seconda è abitata dai Tartari.Secondo la tradizione islamica, Gog e Magog sono figli di Adamo, quindi esseri umani, dotati di una forza incredibile, destinati ad essere liberati per portare la corruzione nel mondo e l’Inferno sulla terra. Dalla tradizione in poi molte modifiche e aggiunte sono state apportate ai mitici Gog e Magog, da uomini sono stati trasformati in esseri soprannaturali: giganti in età classica, che Alessandro Magno avrebbe sconfitto e assoggettato, o demoni, in età medievale, appellativo destinato a qualunque figura misteriosa e ambigua alla quale non si era in grado di dare spiegazione. Venivano anche identificati con veri e propri territori: nella cartografia tardo antica e medievale coincidevano con i confini del mondo noto e più propriamente con le porte d’Oriente, o del Paradiso Terrestre secondo la tradizione cristiana (mappe di Ebstorf e Hereford).

 



“Donna felicità” cantavamo negli anni ’70 con i Nuovi Angeli



Nel testo di quella canzone, che fu lanciata al Festivalbar del 1971, si diceva che la felicità, identificata proprio con una donna, non avesse l’amore, ma che lo volesse trovare, aiutata da ragazzi gentili e solidali a tal punto da volerla accompagnarla a cercare “funghi e viole” ed a divertirla con giochi attorno ad un falò . Quale immagine più appropriata poteva essere evocata in un testo se non quello di una serata passata in lieta compagnia? Ma in quel ritornello, ricco di nonsense e di sottese metàfore, la Commissione d’ascolto della Rai vide un pericoloso gioco di parole soprattutto per quel “a chi darà la rosa” e “gioco delle noci intorno al fuoco”. Così quella canzone non fu ammessa al San Remo del 1972; ma il martellante ritmare della musica ebbe facile presa sul pubblico distratto e spensierato dei juke-box e delle autoradio. E ciò decretò un grande successo commerciale che la portò alla partecipazione del “Disco Estate” del 1973, dopo il parere questa volta favorevole espresso dalla Commissione.



 


Il testo incriminato


Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
lo vuol trovare,
glielo troveremo noi,
chi vuole coltivare la sua rosa?!?

Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
si sente sola,
l'accompagneremo noi
ragazzi
a cercare funghi e viole.

Qui ragazzi tutti qui
vediamo chi la sposa... sposa...
Scommettiamo che lo so
a chi darà la rosa... rosa!!!


Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
non trova viole,
gliele porteremo noi
nei cesti nei capelli e nelle mani.
Donna Felicità
non ha l'amore!
Donna Felicità
non può soffrire,
la divertiremo noi
col gioco delle noci intorno al fuoco.

Qui ragazzi tutti qui
vediamo chi la sposa... sposa...
Scommettiamo che lo so
a chi darà la rosa... rosa!!!

La la la la la la..

 
L’autore? Roberto Vecchioni, il professore di liceo, il cantatutore impegnato il quale scriveva anche

“Speranza”

Anche se nella vita voltandomi un mattino io non ti troverò
accanto a me basta soltanto la tua felicità
lo conosco il tuo dolore credevi che oltre il monte ci fosse
un giardino e invece hai trovato soltanto il fango di una città.
Io non posso giurarti che questo amore ti salverà
e non posso aspettarmi che la ferita si chiuderà
ma mi basta darti speranza, ma mi basta darti speranza

“Fratelli”
Partire insieme ed esser tanti
la luce è quella là davanti
per settimane e settimane
dividi il vino, spezza il pane
e dove andiamo cosa importa
più siamo e piùla strada è corta
per settimane e settimane
amarci e bere alle
fontane.
Amore, il mondo è solo amore
siamo diversi di colore
ma cosa importa se non è diverso il cuore

Ma già nel 1968 aveva scritto un altro “tormentone”, “Singapore”, che entrò nella hit parade e che vendette 300.000 copie. Fu addirittura pubblicata in diversi paesi del mondo, compresa l’Inghilterra, in Germania vendette quasi 1.000.000 di copie, nell’interpretazione di un gruppo tedesco: i Pegasus. La critica non era stata tenera nemmeno allora: infatti nel dopo’68 chi faceva canzoni allegre e spensierate veniva spesso additato come qualunquista, senza impegno sociale. Tuttavia il pubblico se ne infischiò della critica e “Singapore” divenne un’altra hit dell’estate. Certamente anche qui il testo, ricco di rime molto orecchiabili e di assonanze, rivela la presenza del dotto insegnante di lettere e del navigato paroliere di successo; del resto la metàfora ed il simbolo, se usati bene, lasciano spazio sia all’autore che all’ascoltatore, favorendo la partecipazione attiva di chi ascolta e di chi scrive.

 




SINGAPORE
Singapore
vado a Singapore
benedette e care signore!
Singapore vado a Singapore
che mania di fare l'amore !
che qui finisce
che non riesco più nemmeno a dormire!
Fiume giallo giù nel Fiume giallo
via di qui lasciatemi stare!
Singapore
vado a Singapore
benedette e care signore!
Da comani chiudo e m'imbarco con il primo vapore !
Eh "beri beri" fa da scacciapensieri
ne ho passati di mari,
ne ho raccolti di fiori!
Chi mi dice che son buone le pere
dopo un anno di pere dirrà
Singapore, Singapore
vi saluto belle signore!
Singapore
vado a Singapore
vi lascio al vostro dolore!






Potrà sembrare dunque difficile mettere a confronto testi così “leggeri” e quasi infantili con quelli di “Un uomo navigato” o “Velasquez” o “Effetto notte” in cui appaiono evidenti matrici letterarie colte e classiche, quasi da lirici greci?








Un uomo navigato

E dopo vent'anni di pesce sotto sale
il mare mi sembra più o meno tutto uguale
la pipa di un vecchio mi mette più allegria
di tutte le rotte che ho preso in vita mia."
"…..divento soltanto un uomo navigato
il viaggio è passato è un modo di guardare."



Velasquez
"Ahi, Velasquez, dove porti la mia vita? Un fiore di campo si è impigliato fra le dita,
e tante stelle, tante nelle notti chiare e mille lune, mille dune da scoprire."
"…..in mezzo ai venti sempre genti da salvare sei morto mille volte senza mai morire….."
"…. Ahi, Velasquez, certe sere quanta voglia, fermare la vela e ritornare da mia moglie…."
"…Ahi, Velasquez, fino a quando inventeremo un nido di rose ai piedi dell'arcobaleno
e tante stelle, tante nelle notti chiare per questo mondo, questo mondo da cambiare?…."




Effetto notte

Se tu mi amassi mi cercheresti ogni sbato sera
quando hai già mille e più cose da fare e in teoria potrei schiattare
se tu mi amassi mi cercheresti ogni giorno delll'anno
e non soltanto una sera d'ottobre quando il tuo uomo ha il raffreddore
se tu mi amassi gli inventeresti una scusa banale
gli scriveresti sul viso il mio nome per ricordarti di ricordare


Del resto quelle “matrici” erano usuali per Vecchioni che, “nato” proprio come docente di latino e greco nei Licei, utilizza il bagaglio che gli è più congeniale e conosciuto. Se infatti leggiamo “Cuore mio”di Archiloco, “A primavera” di Ibico o “Come foglie” di Mimnermo non ritroviamo forse nei loro versi quelle atmosfere e quei richiami poetici che il Vecchioni poeta e cantautore ci fa gustare nelle sue ballate e nelle sue canzoni più impegnate?












Cuore mio

Cuore, cuore mio,
travolto da ingorghi di sciagura,
sorgi e vinci i tuoi nemici,
ponendo ad essi il petto.
Forte, tieni il campo
negli scontri fronte a fronte.
Vincente,
non gioire innanzi a tutti.
Se vinto,
non giacere in dirotto pianto.
Gioisci d'ogni gioia,
cedi sì ai mali, ma non troppo:
riconosci quale ritmo
regge gl'uomini.
 

 

A primavera

A primavera,
quando l'acqua fluviale
irrora i campi
e il sacro giardino delle vergini,
è tutto un fiorir di meli cidonii
e tralci di viti tra le foglie.

In me Eros non conosce tregua.
Come vento del nord rapido muove,
carico di folgori: torbido, impavido,
invaso da Cipride di arida follia.
Custode, nel fondo della mente,
delle puerili voglie.











Come foglie

Siamo come foglie, foglie di primavera,
spuntate veloci nei raggi del sole.
Per brevi istanti godiamo fiori di giovinezza,
non sapendo dalla vita di bene e male.
Accanto stanno strette le tenebrose dee:
l'una ha sorte di vecchiaia cupa,
l'altra di morte.
Fugace il giovanile frutto,
quanto luce di sole terra irradia.
Ma quando volge la stagione alla sua fine,
allora l'essere vivi è peggio che morire.








E’ qui la felicità? Un utile vademecum per vivere meglio




Daniel Gilbert, psicologo sociale ad Harvard. sostiene che  siamo por­tati a rimpiangere le occasioni mancate mol­to di più delle azioni intraprese. Questo acca­de perché accettiamo più facilmente una mos­sa temeraria anziché un atteggiamento rinun­ciatario, e ci consoliamo ripensando all’inse­gnamento tratto dall’esperienza vissuta. So­no ad esempio la perdita del lavoro o la fine di un matrimonio a far scattare le difese psicologiche -  che favoriscono le sensazioni felici -  molto di più rispetto ai fastidi da poco conto. La conseguenza paradossale è che tal­volta è più facile consolarsi per aver superato una situazione davvero drammatica che non una banale brutta esperienza.  Il  motto di Gilbert? ? Siate ambiziosi !






 








Barbara Fredri­ckson, professoressa di psicologia all’uni­versità della Carolina del Nord afferma che un atteg­giamento positivo rende più belli e più sani, perché minimizza il dolore, garantendo una migliore qualità del sonno. Aumentare il numero di emozio­ni positive nell’arco della giornata, scoprire il la­to positivo. Il motto? Siate positivi!





 

Paul Gilbert, professore di psicologia clinica all’univer­sità di Derby, in Gran Bretagna, teorizza  che dal mo­do in cui ci si pone di fronte a noi stessi dipende  il no­stro benessere, il senso di appagamento e la capacità di far fronte alle difficoltà. Se ci si sente in colpa per qualche cosa, fermiamoci un attimo, respiriamo profondamente, ral­lentiamo i  ritmi e  pensiamo alle nostre qualità migliori, come la gene­rosità, l’affetto, la dolcezza. Il suo motto? Fatevii del bene!




Julie No­rem, professoressa di psicologia al Welle­sley College, nel Massachusetts rileva che i pessimi­sti stanno sulla difensiva e si aspettano sempre il peggio, sprecando preziose ener­gie mentali nel figurarsi come potrebbero an­dar storte le cose. Ma nel far questo, hanno maggiori probabilità di raggiungere i loro obiettivi  perché  studiano con attenzione i dettagli  della situazione negativa. Il suo motto? Sfruttate i malumori !






Jonathan Hai­dt, professore di psicologia all’università del­la Virginia consiglia di lavorare di meno, di guadagnare ed accumulare di meno, per dedicare più tempo alla famiglia, alle vacanze o altre attività gradevoli che sappiano coin­volgere pienamente l’ attenzione, come  can­tare in coro, dipingere, praticare sport. Il motto?  Trovate la vocazione !





Sonja Lyubo­mirsky, psicologa all’università della Cali­fornia ha scoperto che il tasso di felicità lo possiamo influenzare attraverso il no­stro modo di agire e di pensare ed ha  identi­ficato alcune attività che rendono felici, tutte cose che le persone appagate possono fare sponta­neamente : esprimere la ri­conoscenza; coltivare l’ottimismo; essere cortesi; trovare tempo per gli amici; sviluppare strategie per affrontare le difficoltà; impa­rare a perdonare; appassionarsi a qualche attività, essere  pronti a esplorare nuovi orizzonti; gustarei le gioie della vita; pun­tare sempre verso obiettivi importanti; col­tivare il senso religioso e la spiritualità. Il motto? Coltivate l’ottimismo



 Daniel Goleman, psicologo e scrittore del Massachusetts dice che la meditazione  aiuta a gestire più efficacemente le reazioni allo stress ed a riprendersi più in fret­ta da eventi traumatizzanti.  Alcune persone con incarichi di lavoro molto stressanti han­no seguito un corso di meditazione per otto settimane,, al termine dell’esperimento han­no riferito di sentirsi più felici . Prima erano troppo stressa­te per rendersene conto. Il suo motto? Rilassatevi e pensate.







Quando sono i bambini a raccontare la felicità


“Navigando” in rete si fanno degli incontri molto interessanti, come quello con alcune maestre della scuola dell’infanzia di Rignano sull’Arno. Esse hanno proposto ai propri bambini e bambine di 5 anni di mettere per scritto, sotto forma di piccolo racconto, quello che secondo loro fosse la felicità. Ne sono scaturiti dei quadretti di “vita” nei quali la ricerca di quel sentimento è alla portata di tutti: basta guardarsi intorno e ….. raccontare se stessi.






“C’era una volta dei bambini che volevano acchiappare delle farfalle tutte colorate, perché le volevano regalare alla mamma per il suo compleanno. Una volta prese le farfalle che erano magiche fecero crescere tutti i fiori nel giardino della casa dei bambini. Poi i bambini liberarono le farfalle per non farle morire e la mamma quando tornò a casa dal lavoro era felicissima di avere tutto il suo giardino pieno di fiori colorati
 

C’era una volta una bambina che decise di fare una sorpresa alla mamma e al suo babbo che lavoravano tutto il giorno e che la sera erano stanchi morti. Infatti lei, mentre il babbo e la mamma erano al lavoro, apparecchiò fuori in giardino e preparò un pic-nic e quando arrivarono il babbo e la mamma mangiarono fuori felici e contenti.





C’era una volta una mamma una bambina e un babbo che andavano a fare una passeggiata. Loro trovarono un uccellino che però era triste perché non aveva fratelli e sorelle e gli toccava volare da solo. Allora la bambina fece volare tanti palloncini colorati che aveva nelle tasche e così l’uccellino non volava più da solo ed era felice



C’era una volta una sorella e un fratello che avevano comprato un camper per viaggiare per il mondo. Dopo tanti chilometri si fermarono in un giardino molto bello a giocare con la palla. A un certo punto guardarono in cielo e videro il sole che li chiamava. Lui chiese ai fratelli di potere andare in vacanza con loro e così loro accettarono perché se si portavano il sole in vacanza voleva dire che non pioveva mai. E tutti erano felicissimi di fare quel viaggio.





C’era una volta un bambino e una bambina che aiutavano sempre i loro genitori nei campi. La bambina aveva il forcone e stava dando da mangiare ai cavalli e il bambino dava da mangiare alle galline. I galletti e i cavalli erano amici e insieme cantavano delle canzoni e il sole che li ascoltava era così contento che splendeva tutto il giorno. Poi la mattina presto, quando tutti dormivano, il sole cantava le canzoni e svegliava i cavalli e i galletti.



C’era una volta dei bambini che volevano acchiappare delle farfalle tutte colorate, perché le volevano regalare alla mamma per il suo compleanno. Una volta prese le farfalle che erano magiche fecero crescere tutti i fiori nel giardino della casa dei bambini. Poi i bambini liberarono le farfalle per non farle morire e la mamma quando tornò a casa dal lavoro era felicissima di avere tutto il suo giardino pieno di fiori colorati.





Una storia da raccontare ......  trovata in “rete”





La Follìa decise di invitare i suoi amici a prendere un caffè da lei.
Dopo il caffè,  propose: “Si gioca a nascondino?”.
“Nascondino? Che cos’è?” domandò la Curiosità.
“Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete.
Quando avrò terminato di contare, cercherò e il primo che troverò sarà il prossimo a contare”.
Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia.
“1.. 2.. 3.. – la Follìa cominciò a contare.
La Fretta si nascose per prima, dove le capitò.
La Timidezza, timida come sempre, si nascose in un gruppo d’alberi.
La Gioia corse in mezzo al giardino.
La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo adatto per nascondersi.
L’ Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro un sasso.
La Follìa continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.
La Disperazione era disperata vedendo che la Follia era già a novantanove.
“CENTO!” gridò la Follia “ Ora comincerò a cercare.”
La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto. Guardando da una parte, la Follìa vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato si sarebbe meglio nascosto. E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza.
Quando tutti erano riuniti, la Curiosità domandò: “Dov’è L’Amore?”.
Nessuno l’aveva visto.
La Follìa cominciò a cercarlo. Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi sotto le rocce. Ma non lo trovò . Cercando da tutte le parti, la Follìa vide un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò cercare tra i rami, allorché ad un tratto sentì un grido. Era l’Amore, che gridava perché una spina gli aveva forato un occhio.
La Follia non sapeva che cosa fare. Si scusò, implorò l’Amore per avere il suo perdono e arrivò fino a promettergli di seguirlo per sempre. L’Amore accettò le scuse.
Oggi, l’ Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.





Anche un viaggio è “felicità”
 
 
Una mattina ti svegli e ripensi, guardando le foto di una piacevole vacanza, che è stata bella quella gita. Non era stato possibile prima partire insieme a Simonetta la gemella sagittaria, impegnata con figli, gatto e lavoro. Poi si decise: Praga o Parigi? Certamente la capitale francese attirava di più sia per il fascino che da sempre quella bella città possiede, sia perché desideravo condividere con lei quelle emozioni e quelle sensazioni provate anni prima, durante il mio primo viaggio in Francia. Attraversare paesi nuovi, cogliere dal finestrino della macchina la particolarità di quei paesaggi molto più ampi rispetto a quelli italiani, vivere la gioia di godere delle bellezze artistiche studiate negli anni degli studi universitari, apprezzare con stupore la presenza di molte opere d’arte italiane al Museo del Louvre: tutto questo è stata fonte di grande felicità. Infatti spesso la conoscenza delle cose conduce ad uno “stato di felicità e di piacere”. Del resto lo stesso filosofo greco Epicuro, nella sua teoria filosofica, aveva enunciato tre grandi categorie di piaceri:
"Naturali e necessari", come: l'amicizia, la libertà, il cibo, l'amore, il vestirsi, le cure ecc.
"Naturali ma non necessari" come: l'abbondanza, il lusso, case enormi oltre il necessario, cibi raffinati ed in abbondanza oltre il necessario.
"Non naturali e non necessari", come il successo, il potere, la gloria, la fama ecc.




L'uomo dunque dovrebbe concentrarsi sul vivere quegli aspetti della vita connessi alla sua natura e coltivare con impegno l'amicizia, intesa oltre che come condivisione di interessi e ideali, anche come elemento assolutamente positivo della nostra esistenza. La filosofia epicurea invita l'uomo a godere senza affanni di ciò che può procurarsi senza sforzo eccessivo e a vivere la vita stringendo salde e durature relazioni interpersonali: ecco perché soddisfare i piaceri naturali e quelli necessari è molto importante per il raggiungimento della felicità. Con quel viaggio in terra di Francia scoprii un nuovo modo di relazione con la gemella, con cui fino ad allora non avevo condiviso momenti di “libera amicizia” o di “intensa intimità culturale”.E quella scoperta produsse non solo piacere, ma felicità: sensazione quasi fisica di personalità necessarie l’una all’altra, di un medesimo modo di “gustare” ed apprezzare gli scorci di Parigi, di stessa immediata percezione di quando di bello ed artistico quella vacanza ci aveva offerto
 
 
              
I pittori della felicità
 
Renoir, Zandomeneghi e De Nittis: eccoli i tre artisti  che hanno saputo usare il colore e la luce per rappresentare scene dalla Belle Epoque con gaiezza, brio, eleganza e gioia di vivere. Era una Parigi allegra e piena di  verve, quella rappresentata spesso nel turbinio del Can-Can, del Moulin Rouge, dei caffè affollati, dei boulevards illuminati, del passeggio di carrozze e cavalieri. Perché la critica definisce questi artisti felici? Innanzitutto perchè hanno  espresso la felicità con il colore e la luce: essi “rincorrono il mistero della luce, la sua cattura, per trasformarla in colore e con esso riscrivere il mondo”, così si legge nelle note di un catalogo di una mostra a loro dedicata. L’altra felicità è quella che scaturisce dal loro amore per le donne che saranno al centro delle loro tele: le rappresenteranno nei momenti intimi, segreti o di vita mondana, nelle stanze delle loro dimore o nei salotti eleganti, nei locali aperti, negli ippodromi, nei giardini. Conosciamo meglio questi artisti.
 
Federico Zandomeneghi nasce a Venezia nel 1841; convinto patriota, dopo gli studi d'arte , partecipò  alla vita politica italiana, arruolandosi molto giovane con Garibaldi. Nel 1874 partì per la capitale francese. Il soggiorno si prolungò tutta la vita ed egli entrò a far parte del gruppo degli impressionisti. Legato da profonda amicizia al pittore Edgar Degas, raccolse nella sua esperienza artistica l'influenza dell'amico. Dipinse i soggetti tipici del movimento, ma la sua fama la raggiunse nel ritratto e nelle scene di vita mondana, di cui rappresentò dame con cappellini e vestiti alla moda .
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Interessanti mobili dalle forme attraenti sono performances molto singolari scolpite con maestrìa, inventiva e creatività dall’artista olandese Mario Filippona; egli realizza sculture che si aprono per far fuoriuscire vassoio con bicchieri, tavolini le cui estremità raffigurano donne piegate e gambe femminili longilinee con tacchi a spillo, a volte incrociate, altre volte solo chinate, poggia bicchieri utilissimi che si sostengono a terra da un paio di scarpe eleganti, cassetti dagli incavi speciali. Il tutto è prodotto artigianalmente, le forme non sono create a caso ma provengono da fotomodelle che si prestano per l'occasione.  L’artista ha iniziato la sua carriera ad Amsterdam come falegname, lavorando in seguito a New York e San Francisco, progettando cucine; ha svolto i suoi studi al "San Francisco Institute of Architecture" e presso l' "Institute for Architectural Arts Development" a Maassluis, Olanda, stabilendo poi in Olanda nel 1993 la sua officina. All’inizio ha prodotto arredi da ufficio, cucine, armadi da soggiorno personalizzati in base ad ogni esigenze, da sempre caratterizzati da un'architettura moderna ed organica con linee pulite e forme ben definite: i progetti vengono preparati prima su carta, poi trasferiti in modelli in cera, utilizzando procedure di lavorazione ecologicamente sane e materiali naturali. L'esperienza nel lavorare il legno  e l'impegno nel realizzare lavori veramente originali  hanno condotto l’artista a sperimentare nuovi progetti.
 
 
 
 
 
 
Sono principalmente  di legno d’acero e con i cassetti  le  sue creazioni ed è ritenuto il padre di Erotic Furniture, un “brand” che sta facendo molto parlare di sé. Infatti ispirati alle attraenti forme femminili i complementi d’arredo che Mario crea, in genere, sono scavati nei legni regionali che trova sul territorio e per questo è in grado di spaziare attraverso un ventaglio di colori e texture diverse e sempre nuove.  La gamma di prodotti dell’artista comprende lampade, portafrutta , cassettiere, vassoi e tavolini; rifiniti a mano e con finitura di olio e cere naturali. Tutti con una costante: la ricerca di quella perfezione del corpo delle donne, perfezione però  artificiale, perché di legno lavorato.
 
Gli edifici parlano e spesso parlano di visioni di felicità
 
 
Non solo le città, anche la loro architettura gioca un ruolo importantissimo nella nostra felicità. Lo dice Alain De Botton, autore di “Architettura e felicità” :  «Sarebbe auspicabile rimanere gli stessi in un palazzo come in un motel , ma in realtà siamo estremamente vulnerabili ai messaggi in codice che emanano da un ambiente. Come se oggetti ed edifici fossero delle persone. E ci aiutassero a decidere chi siamo». Che cosa  influenza dunque i nostri umori mentre guardiamo o analizziamo un’opera architettonica? L’enfatizzare certe emozioni ed il sopprimerne altre: le religioni l’hanno capito da sempre. E la Chiesa cattolica ha talmente investito nell’architettura – pensiamo al gotico o al barocco - da credere di poter plasmare non tanto il carattere dei credenti, quanto la loro visione dei vari credo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 I vari critici spesso si scontrano sull’estetica di un oggetto o di un edificio: tutto ciò è sbagliato perché discuterne vuol dire suggerire uno stile e un’attitudine verso la vita. Fruire della bellezza dell’opera di un architetto che ha saputo infondere al proprio edificio quell’afflato vitale che voleva trasmettere all’osservatore, è senza dubbio momento di grande felicità, poiché si ha la possibilità di entrare in empatia con l’artista che attraverso la sua capacità di dare forma ad un proprio ideale, ha creato, con materiali che potrebbero sembrare freddi ed inanimati, un manufatto che denota vissuto, idealità, arte codificata.

 
 


 L’amore …. è anche mille baci !





 Quando diciamo “amore”, noi di “una certa età”,  ci riferiamo a quel sentimento che vivemmo passionalmente negli anni giovanili ed in quelli della maturità, e che ci dette sorriso, pianto, gioia, ansie e felicità. E ci troviamo a ricordare anche con un certo rimpianto il batticuore e la trepidazione dei primi incontri e soprattutto dei primi baci. Ecco, quel “piccolo apostrofo tra le parole t’amo” che recita Cyrano de Bergerac , è quel pegno d’amore che da solo spesso ha più significato di un amplesso più profondo scambiato tra chi  si ama.
 
 
 
Hayez
 

Fragonard
 
 
E quel confondersi nel congiungere le  labbra rimanga segreto, a eterno giuramento tra due amanti, perché rimanga radice e forza di rapporto amoroso. E allora ... aspettando San Valentino

 
 
 
                                     Chagall
                         
 

Viviamo nell’amore, Lesbia mia!

Ogni giorno finisce e poi ritorna,

ma quando il breve giorno della vita

avrà visto il tramonto, dormiremo

una notte senza fine. Ora dammi

mille baci, poi cento e poi altri mille,

e ancora cento, mia cara, e ancora mille.

Quando saranno cento volte mille

confonderemo i conti, che nessuno

possa farci il malocchio, conoscendo

un così grande numero di baci.



            
                                                               Lesbia e Catullo  Mosaici pompeiani

3 commenti:

  1. Pagine

    Noi formiamo più pagine per la nostra penna,
    componiamo su pagine bianche.
    custodi di molti pensieri

    simo 2000

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    Risposte
    1. Quando la "penna" poi muove veloce
      i suoi tratti speciali di creazione,
      presa ormai da furor compositivo,
      Donatella va avanti come un "treno"
      a quel furor non sa interporre freno
      così la mente e il cuore corron veloci!

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    2. Felicità raggiunta, si cammina
      Montale


      Felicità raggiunta, si cammina
      per te sul fil di lama.
      Agli occhi sei barlume che vacilla,
      al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
      e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

      Se giungi sulle anime invase
      di tristezza e le schiari, il tuo mattino
      e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
      Ma nulla paga il pianto del bambino
      a cui fugge il pallone tra le case



      La nostra vita serve a raggiungere la felicità che a volte è molto fragile e si spezza con niente: nelle aspettative, negli affetti famigliari, negli obiettivi raggiunti, quando non ti senti accettato per quello che sei!!!

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