che giorno è ?

mercoledì 28 novembre 2012

Riflessioni di una mattina di novembre

Donatella si chiede per quale ragione abbia intitolato il proprio blog “Anima felix”. Una risposta immediata? Perché ora che raggiunto la terza età si sente più serena, quasi appagata di una vita trascorsa velocemente a lavorare, a risolvere problemi di vario genere ( anziani, economie, salute). E’ forse questa la “felicità” ?  Se si volesse chiederlo ai filosofi antichi, che cosa risponderebbero? Interpellato, Platone direbbe che “i felici sono felici per il possesso della giustizia e della temperanza e gli infelici, infelici per il possesso della cattiveria”, mentre Aristotele sosterrebbe che la felicità include anche la soddisfazione dei bisogni e delle aspirazioni mondane. I felici devono possedere tutti e tre i tipi di beni: esterni, del corpo e quelli dell'anima”. Allora in che cosa consisterebbe la felicità per l’uomo? Non nell’accumulo di piacere, ricchezze ed onori, che certamente procurano felicità, Aristotele non lo nega, ma pensa che esista una felicità specifica della natura umana, una “felicità ultima” e non uno dei tanti piaceri.
La suprema felicità dell’uomo risiederebbe perciò nel tradurre in azioni ciò che potenzialmente ognuno possiede, agendo secondo virtù. Ma d’altro canto, qual è il significato vero della parola felicità? Deriva dal termine greco eudaimonia, composto da eu- (“buono”) e daimon (“demone, genio”), ovvero “posseduto dal buon genio”. Genio (dal lat. genius ) che potremmo identificare con una sorta di angelo custode, di spirito buono che guiderebbe ogni individuo fin dalla nascita, consigliandolo nei momenti difficili. Una interpretazione molto più recente? Quella dello psicologo americano  James Hillmann


Nel suo libro  “Il Codice dell'Anima”, ci parla  di intuizione, di carattere, di vocazione, di destino, di pensiero mitico, di necessità e di provvidenza. Il dipanarsi delle nostre esistenze sarebbe guidato dunque da qualcos'altro che la psicologia scientifica non riesce a focalizzare, perché non si tratta di entità visibili e misurabili. Si chiede :”"Esiste qualcosa, in ciascuno di noi, che ci induce a essere in un certo modo, a fare certe scelte, a prendere certe vie - anche se talvolta simili passaggi possono sembrare casuali o irragionevoli?”
Se esiste, è il 'daimon', il 'demone' che ciascuno di noi riceve come compagno prima della nascita, secondo il
mito di Er, raccontato da Platone. Se esiste, è la chiave per leggere il "codice dell'anima", sorta di linguaggio cifrato. Non a caso il sottotitolo del libro è : Archetipi, carattere, vocazione, destino.

 

 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento

Archivio blog